La nascita di una discussione riguardo al trattamento dei personaggi femminili nel cinema è relativamente recente: questo è evidente nell’introduzione di parametri di giudizio come il Bechdel test o di espressioni come “male gaze” o “female gaze” (letteralmente sguardo maschile e sguardo femminile). Le donne, infatti, nella maggior parte dei film di qualsiasi genere sono state e sono, troppo spesso, trattate come simboli, come uno strumento funzionale allo sviluppo, alla crescita, o al piacere del protagonista uomo e non come personaggi veri e propri, dotate di una loro complessità emotiva e psicologica. Tuttavia, sin dalla nascita del genere, la presenza delle donne nell’horror presenta delle caratteristiche diverse: ad esempio, frequentemente sono protagoniste e, in generale, sono rappresentate come persone e non come simboli. Inoltre, un gran numero di storie horror al femminile si presenta come un punto di partenza per riflessioni più generali e dettagliate sulla condizione delle donne in una società fondamentalmente maschilista e patriarcale: questi discorsi possono riguardare svariati argomenti e, come esempi, ho pensato di analizzare i film “The Neon Demon”(2016, diretto da Nicolas.W.Refn) e “Raw” (2016, diretto da Julia Ducournau). Prima di iniziare questa analisi, però, mi sembra doveroso menzionare che l’ispirazione per questo articolo mi è stata fornita dal video “A monstress comes of age: Horror and Girlhood”, realizzato dal canale YouTube “Yahra zayd”: vi consiglio vivamente di guardarlo se vi interessa approfondire l’argomento, in quanto vengono trattati altri film e spiegati anche i limiti e i problemi spesso legati alla rappresentazione delle donne nell’horror.
The Neon Demon si presenta come la storia di Jesse, una giovane aspirante modella che, una volta arrivata a Los Angeles, fa esperienza di un successo immediato grazie alla sua bellezza, che è vitale e genuina al contrario di quella artificiale delle sue colleghe. Nel film, la popolarità di Jesseè dovuta all’intervento dei personaggi maschili e provoca invidia o desiderio in personaggi femminili: nella pellicola, così come nella vita reale, gli uomini in generale si trovano sistematicamente in una posizione di potere e, di conseguenza, possono esercitare un’influenza maggiore sulla vita e sulla carriera di altri individui. Soprattutto per le donne, l’aspetto fisico, la bellezza e la giovinezza rappresentano una risorsa e una garanzia, che però è stata ed è tutt’ora regolata e utilizzata, come fonte di piacere o di guadagno, principalmente dagli uomini. La ricerca dell’approvazione e del desiderio maschile non è, di per sé, una cosa sbagliata, tuttavia si presenta un problema, a livello sociale, quando essi sono necessari per l’affermazione e il successo di una donna: le protagoniste di The Neon Demon sono trasformate in mostri dalla dipendenza della loro vita e carriera dall’approvazione maschile. Tuttavia, quest’opera presenta anche degli aspetti critici: Refn è un regista uomo, per cui alcune parti del film cadono nella sessualizzazione non necessaria del corpo femminile e, inoltre, alcuni aspetti della trama, secondo me, non sono sviluppati a dovere.
Raw, invece, segue la giovane Justine durante il primo periodo dei suoi studi in una scuola per veterinari: come rito di iniziazione la protagonista, cresciuta come vegetariana, è costretta a mangiare un organo animale. Presto diventa vittima di diversi sintomi, tra cui una fame insaziabile per la carne cruda (di diversa provenienza), che si manifestano in Justine in contemporanea alla scoperta di se stessa e della sua sessualità. A mio parere, il film si presenta come una critica alla repressione a cui la dimensione sessuale femminile spesso è soggetta: i tentativi di Justine di controllare e ignorare la vera natura della sua fame sono sostanzialmente fallimentari e, da un certo punto di vista, peggiorano la sua condizione. Per cui la repressione, alla fine, non si rivela mai come un metodo efficace e fa solo del male, sia a chi viene oppresso ma anche agli oppressori stessi.
Irene Peloia 5as