“Una vita come tante”, il cui titolo originale è “A Little Life”, è un romanzo scritto dall’autrice statunitense Hanya Yanagihara e pubblicato in inglese nel 2015, per poi essere tradotto in italiano nel 2016. A mio parere, la fama di “Una vita come tante” è dovuta principalmente alla portata emotiva del romanzo e alla complessità degli argomenti trattati, elementi che lo rendono un libro abbastanza difficile da leggere.
conosce le loro storie, i loro sentimenti e i loro pensieri riguardo a ciò che accade.
Da un punto di vista più strettamente tecnico, penso che questo libro sia ben scritto e abbastanza scorrevole. Personalmente ho preferito leggerlo in lingua originale e consiglio di considerare questa opzione a chi ritiene di possedere un livello di conoscenza dell’inglese medio-alto.
Un altro aspetto da tenere in conto quando si parla di questo libro è la sua lunghezza, che varia leggermente in base all’edizione, ma che generalmente si pone tra le ottocento e le mille pagine circa. Durante la mia esperienza di lettura la mole di questo libro, per la maggior parte del tempo, non è stata un problema: l’autrice ha gestito i complessi intrecci tra i vari personaggi e le corrispondenti storie in un modo che sarebbe stato impossibile comprimere in un numero minore di pagine.
Tuttavia, se avete sentito parlare di “Una vita come tante”, probabilmente vi starete chiedendo: “ma è davvero così triste?”
La mia risposta, semplicemente, è sì. Sì, il passato di Jude è devastante a livello emotivo e le conseguenze di questi traumi sul resto della sua vita e sulle relazioni che instaura con altre persone sono altrettanto distruttive. Egli, infatti, non riesce a far pace con quello che ha vissuto e, negli anni, ogni aspetto della sua vita viene segnato da dolore e sofferenza a causa di fattori a lui sia esterni che interni. Penso tuttavia che l’autrice, scrivendo una storia così drammatica, abbia un intento ben preciso che va oltre a quello di scatenare nel lettore una forte risposta emotiva: penso infatti che questo libro voglia farci riflettere su questioni complesse e difficili da discutere. Che ruolo hanno le sofferenze che ci accompagnano nel determinare chi siamo? La possibilità di migliorare la propria condizione esiste sempre e comunque? Bisogna aiutare anche chi non vuole essere aiutato?
Uno dei pochi, ma significativi, punti critici del romanzo, per quanto mi riguarda, è la giovinezza di Jude. Come ho scritto prima, è una storia straziante che purtroppo è anche realistica. Pur mantenendo il suo realismo, da un certo punto in poi la vicenda cessa di essere credibile. L’autrice, semplicemente, nel voler fare tanto ha fatto troppo. Questo non annulla il significato del romanzo, ma ha provocato in me un certo distacco emotivo che poi, nonostante le sofferenze siano continuate, è rimasto fino all’ultima pagina.
IRENE PELOIA 5AS