Oscar-Claude Monet fu pittore, fondatore, e sicuramente l’esponente più in vista, della corrente francese ottocentesca dell’Impressionismo.
Figlio di un droghiere della bassa borghesia, egli crebbe all’aria aperta, ammirando le bellezze naturali della Normandia. Questa sua inclinazione verso i luoghi aperti, attraverso i quali esprimeva i suoi sentimenti, lo portarono ben presto ad odiare la scuola e le sue regole.
Come disse lui cinquant’anni dopo, “Ero un bambino naturalmente indisciplinato”.
Una materia che tuttavia catturò sin da subito il suo interesse fu il disegno. “Disegnavo ghirlande sui margini dei miei libri ed ero solito ricoprire la fodera blu dei miei eserciziari con ornamenti fantastici, o magari con raffigurazioni irriverenti dei miei insegnanti, soggetti a distorsioni estreme”.
Nonostante Monet avesse individuato con successo la sua passione questi anni per lui furono tutt’altro che felici: nell’estate del 1857 lasciò la scuola, privo ormai del sostegno della madre, scomparsa il 28 gennaio di quell’anno, e del padre, dal quale era considerato poco più che un fallito. Ma Monet, ormai divenuto un adolescente, non abbandonò le sue ambizioni artistiche e, anzi, grazie al paesaggista Boudin, dal quale apprese numerose tecniche, si trasferì a Parigi, dove nel maggio 1859, partecipò ad un appuntamento con i maggiori artisti della Francia.
In seguito, però, fu costretto ad arruolarsi e stanziò ad Algeri, dalla quale rimase molto affascinato.
Dopo ad una convalescenza in Francia, Monet, sotto consiglio del padre, iniziò a studiare presso l’atelier del pittore Auguste Toulmouche, che lo fece entrare presso lo studio di Charles Gleyre attraverso il quale conobbe l’artista Renoir, destinato a diventare uno dei suoi migliori amici.
La sua vita fu per alcuni anni felice e tranquilla: si dedicò alla pittura en plain air, stimolato dalle opere di Manet, si sposò ed ebbe un figlio. Nel 1871, dopo aver passato un anno a Londra per la guerra Franco-Prussiana, ritornò in Francia e si trasferì ad Argentuil.
Ad Argenteuil Monet fu rapidamente raggiunto da Renoir e altri suoi amici e, stimolato dal genio della sua compagnia, raggiunse subito la pienezza della sua potenza artistica: il suo tocco, infatti, incominciò a farsi più mobile e vibrante, assumendo un carattere particolarmente congeniale per una resa più vera della luce e degli effetti cromatici che da essa derivano. Questo fu un periodo di grande splendore artistico per Monet, che poteva finalmente beneficiare di un clima di fiducia, oltre che di un certo benessere economico.
Nel 1874 allestì la sua prima mostra, mentre i membri della sua storica compagnia assunsero il nome di impressionisti.
Negli anni successivi viaggiò ancora per il mondo, dipinse e riuscì ad acquistare la sua casa a Giverny.
Questo periodo di sogni cessò in seguito a numerosi lutti: illustri pittori impressionisti morirono, segnando così la fine di un’epoca, e più di tutto il lento perire moglie di Monet, Camille. Le difficoltà economiche lasciarono allo sbando il pittore: riuscì ad uscire da questo tunnel buio solo nel 1892, dopo il matrimonio con Alice Hoschedé, un’amica di famiglia rimasta vedova.
Il 19 maggio 1911 morì Alice. Il 1º febbraio 1914 Monet perse anche il figlio Jean – l’altro figlio, Michel, morirà in un incidente d’auto nel 1916. La sua quiete famigliare, dunque, si frantumò con questi due lutti; per fortuna, però, Monet poté godere della compagnia della figlioletta Blanche, la quale andò ad abitare insieme a lui a Giverny.
In quel luogo dall’atmosfera quasi magica Monet dipinse le sue tele celebri: il ciclo delle Ninfee.
Paesaggio del suo giardino giapponese, le numerose opere rappresentanti le ninfee sono uno specchio attraverso il quale possiamo interpretare le sensazioni degli ultimi anni del pittore.
Con l’avanzare dell’età e della sua cataratta agli occhi, le figure che, all’inizio erano facilmente distinguibili, diventano sempre più astratte, fino ad arrivare a descrivere un paesaggio quasi irriconoscibile, esistente solo all’interno della mente di Monet.
Le pennellate diventavano più larghe e ormai ciò che era descritto sulla tela non erano più le ninfee del giardino di Giverny, ma le emozioni di un uomo distrutto dai lutti che trovata la sua pace nell’arte.
Dal punto di vista della tecnica le Ninfee andavano a quasi stravolgere l’espressionismo: le tele utilizzate erano grandi e non venivano completate velocemente, come avrebbe dovuto essere. Infatti, Monet, prima, nel periodo estivo, cercava di catturare scorci del riflesso dell’acqua e poi nel periodo invernale completava e rifiniva le opere.
Claude Monet si spense il 5 Dicembre 1926, dopo aver lasciato in eredità al mondo un ciclo di 250 tele di Ninfee.
Eleonora Sala 1AC