“Alejandra Ghersi, conosciuta con il nome d’arte Arca (Caracas, 14
ottobre 1989), è una cantautrice, compositrice, produttrice discografica,
ingegnere del suono, disc jockey e performer venezuelana.”.
Queste sono le righe che aprono la pagina Wikipedia di Arca, che negli
anni si è più volte riconfermata come una tra gli artisti più innovativi
e influenti del panorama musicale contemporaneo.
Tra le sue innumerevoli collaborazioni, infatti, spiccano quelle
con Kanye West, Bjork e Lady Gaga.
A mio parere, ciò che caratterizza maggiormente la sua personalità e
il suo approccio all’arte in generale è la costante volontà di
sperimentare, trasformarsi e reinventarsi in modi tutt’altro che
convenzionali e scontati.
In particolare, in questo articolo voglio concentrarmi sulla serie “Kick”,
un ciclo di cinque album pubblicati tra il 2020 e il 2021 che dimostra
perfettamente questa sua caratteristica. Il primo dei cinque, Kick i,
è una sorta di introduzione: un assaggio e un riassunto delle sonorità
e dei temi che verranno ripresi e approfonditi nei lavori successivi.
I restanti quattro album, pubblicati con a malapena ventiquattro ore di
distanza tra l’uno e l’altro, portano l’ascoltatore in un mondo di ritmi
latinoamericani pulsanti che vengono progressivamente smontati e
e rimodellati (Kick ii), suoni e beat sperimentali che sembrano
appartenere a un club alieno (Kick iii), chitarre eteree e sintetizzatori
leggeri (Kick iiii) per terminare con degli strumentali raccolti incentrati
sul pianoforte (Kick iiiii). Tuttavia, nella loro estrema varietà e
differenza, questi lavori presentano delle costanti: a livello tematico,
è possibile ritrovare argomenti quali l’identità di Arca in quanto donna
trans non binaria e venezuelana, la sessualità, la tecnologia, la
metamorfosi e la mutazione. Sul piano sonoro, invece, si incontrano
sonorità elettroniche, tendenti al metallico, che spesso coinvolgono
anche le voci creando la sensazione di star ascoltando musica non
composta né da una persona né da un computer, ma da qualcosa in
uno stato intermedio, mutevole e imprevedibile.
Questo lavoro è lontano dall’essere un’opera perfetta, ma penso che
rimanga un progetto solido e ben riuscito nella sua ambizione.
Inoltre, penso che qui Arca sia portatrice di un messaggio di una
importanza inqualificabile: in un settore contaminato dalla logica del
guadagno facile e veloce, gli artisti possono ancora mettere in atto una
sperimentazione e una ricerca rispondendo a un proprio interesse e
desiderio personale, allontanandosi da convenzioni e norme per creare
uno spazio in cui esprimersi liberamente, lontani da interessi di tipo
economico e utilitaristico. Ovviamente, non penso che Arca sia l’unica
ad aver mandato questo messaggio ma, nella mia esperienza, non ho
ancora incontrato nessuno che l’abbia fatto in un modo così organico
e innovativo.
Irene Peloia 5as