Fin dai primi del Novecento vennero scritti racconti fantastici in cui erano presenti eroi, principi e principesse da salvare, nemici spietati e figure di sfondo alla storia, che spesso venivano rappresentate dai draghi.
Essi potevano essere figure negative, magari i nemici, antagonisti che rappresentavano il male da combattere, protettori dell’obiettivo ambito dal protagonista; come Smaug, il famosissimo sputafuoco presente nel libro di Tolkien.
In altri racconti erano rappresentati come figure luminose: saggi, potenti, molto vecchi; oracoli oppure fonti di consigli e profezie, che potevano legarsi strettamente al protagonista, come nel caso di Eragon, scritto nel 2002 da Christopher Paolini.
Ma prima di comparire nella letteratura e nella cinematografia, il drago è stato un simbolo delle civiltà antiche, una figura mitologica terribilmente potente e temibile.
Il drago è una creatura differente a seconda della cultura in cui veniva descritto: dai giganti Serpenti orientali agli antichi rettili del Nord.
Nella mitologia norrena: i draghi per i vichinghi.
La storia vichinga oggi è molto conosciuta, anche dai giovani appassionati di storia e coloro che dai film Marvel si sono affezionati a Thor e Loki e hanno voluto approfondire l’origine dei loro miti (parecchio differenti rispetto ai film).
In generale i draghi per i Norreni erano creature rarissime, enormi e di solito maligne.
Molto differenti da come li immaginiamo oggi: un esempio classico è Fafnir: descritto nell’Edda poetica (libro inerente ai miti dei norreni).
Questo drago non aveva zampe, non volava e non sputava fuoco, le sue fauci erano avvelenate e utilizzando queste attaccava i nemici.
Il suo nido stava alle radici dell’Yggdrasil, l’albero del cosmo.
Le sue squame erano come lame, denti affilati e occhi vispi, l’anziano rettile era sempre allerta.
Secondo il mito Fafnir, che veniva chiamato Lindorm nella lingua Scandinava, venne ucciso dalla spada dell’ammazzadraghi Sigfrido; scena raffigurata nelle intagliature della chiesa di Hylestad, risalenti al 1200.
Alle radici della storia: il drago per i Babilonesi.
La storia, così come il pantheon babilonese, deriva per lo più da quello della civiltà sumera: i maggiori riferimenti ai draghi si trovavano nell’ Enūma eliš, il più importante poema cosmologico che riguarda la creazione del mondo.
Veniva recitato durante l’Akītu, cioè il “capodanno babilonese”.
Con il sovrano Hammurabi la civiltà Babilonese divenne monoteista, Marduk divenne il dio della terra e della protezione del popolo.
Tuttavia, il dio Marduk aveva delle origini ben precise, riconosciute dal popolo babilonese: e qui entravano in gioco i draghi.
Per i babilonesi, molto tempo prima della creazione della terra, Tiamat la dea delle acque salate, e madre dei draghi, aveva messo alla luce con Apsu, dio delle acque dolci, due mostruosi draghi acquatici: Lakhmu e Lakhamu, da cui a loro volta derivarono Ansar e Kisar.
Da Ansar derivarono infine Anu dio del cielo, Ea delle acque (più in generale rispetto a Tiamat e Apsu) e Marduk dio della terra.
Secondo il mito quest’ultimo dio divenne l’unico e il più importante per i Babilonesi, per loro era colui che aveva portato ordine tra il popolo.
Tiamat, gelosa di tutto il potere acquistato dal nipote di secondo grado, radunò in una specie di esercito tutti i suoi figli, mostri giganteschi, infuocati, e attaccò la giovane divinità.
Marduk ebbe la meglio, e armato di arco e faretra conquistò la vittoria.
Tiamat venne uccisa, il suo corpo diviso in due parti venne infine utilizzato per la creazione.
Nelle rappresentazioni, Tiamat veniva raffigurata come un mostro con cinque facce, simile a un drago.
Nella cultura asiatica: il drago orientale.
Per concludere non si può non nominare il grande drago cinese: questo era l’incarnazione del concetto di yang, lo spirito fecondo e creatore, maschile, e rappresentava in quanto tale, anche il lignaggio genetico familiare.
A contrario delle altre civiltà nella Cina antica, il drago era una figura nettamente positiva, associato alle piogge e alle sorgenti portatrici di vita.
Ancora oggi è il segno zodiacale più fortunato e sono stati ritrovati gioielli, tessuti e tesori con le raffigurazioni di drago scolpite o disegnate.
Il drago cinese non aveva ali; quattro grandi zanne alla fine delle zampe lo aiutavano a direzionarsi serpeggiando nel cielo.
Era di colori vivaci, che in certi casi potevano cambiare.
Abitavano nelle sorgenti d’acqua come laghi e fiumi o talvolta anche in cielo.
Non si sa precisamente da dove siano nati il culto e la credenza nei draghi, si pensa che fosse nato dalla visione dell’arcobaleno che era stata interpretato come un grande serpente dai colori accesi vagante per il cielo, che trasportava con sé tuoni e fulmini per rappresentare l’arrivo delle piogge che aiutavano allo sviluppo della vita, quindi erano segni di buona novella.
Per terminare il mio discorso vorrei fare riferimento a quanto i draghi mi hanno interessata quest’anno, sia dall’aspetto fantascientifico che da quello della leggenda; i draghi mi piacciono come creature misteriose e antiche.
Volontè Silvia, 1bs.