Per Kierkegaard l’esistenza è scelta continua, anche se nella maggior parte dei casi l’uomo si trova sprovvisto di criteri oggettivi secondo i quali decidere. Ecco, gli avvenimenti recenti ci hanno posto di fronte a una scelta, una scelta che questa volta è però accompagnata da delle chiare indicazioni su quale debba essere la strada del bivio di fronte al quale ci pone da imboccare. E’ infatti reato, delitto, complicità del male e della macchina di morte decidere di non decidere in merito a questa tragica questione dolorosa. E’ gioco dell’aggressore decidere di non sostenere la parte dell’aggredito non prendendo una posizione.
Non è infatti al pacifismo sincero e positivo, che tende una mano non armata agli oppressi e ai sofferenti, ma non ha paura di riconoscere la parte violenta e criminale nel conflitto, che mi rivolgo con tono sinceramente disgustato. Mi rivolgo al becero pacifismo codardo, pusillanime, profondamente doppiogiochista, che non si schiera, invocando un utopico aiuto senza aiuto, che spera in una soluzione del conflitto ignorandolo e senza collaborare per una pace giusta, che si chiama fuori dalla responsabilità di attivarsi per il bene. Questa responsabilità però è nostra, e ci chiama tutti all’ordine in quanto europei e membri di un’umanità che vuole vivere in una società civile.
Negare il sostegno alla popolazione e alla causa ucraina in nome di una strana idea di inazione positiva vuol dire, inevitabilmente, mettersi dalla parte degli aggressori. Siamo chiamati ad attivarci per difendere chi soffre, denunciare le decisioni scellerate di chi ha scatenato tutto questo e operare per il bene. Non dimentichiamo che il bene va protetto. Il bene va costruito.
Non siamo esterni a questa vicenda, non possiamo considerarci neutrali. Immaginate di vedere un vostro compagno di classe venir picchiato da un energumeno armato di tanto di tirapugni e decidere di non intervenire perché “alimentereste la violenza”. Bene, la violenza si consumerà comunque. L’unica differenza è che gli oppressi soffriranno di più e la loro capacità di difendersi risulterà mutilata.
Questa storia possa essere per noi una lezione anche per il futuro. Possa questa storia risvegliare in noi un senso di giustizia, così che di fronte ad altre aggressioni della libertà di un popolo possiamo esser capaci di attivarci allo stesso modo di come stiamo facendo oggi per opporci all’aggressore. E dovremo fare questo indipendentemente da quale bandiera quest’aggressore sventoli alla testa dei suoi battaglioni e indipendentemente dalla bandiera che sventolano coloro che vengono aggrediti.
Non scegliere, oggi, vuol dire scegliere. Rimanere immobili vuol dire rimanere al fianco della violenza. Lavarsi le mani da tale responsabilità è impossibile, al massimo potremo negare a noi stessi di averle sporche, ma il sangue rimarrà.
Davide Riva 5 CL