Il National Coming Out Day (NCOD) viene celebrato ogni anno l’11 di ottobre per sostenere la comunità LGBTQIA+ e tutti coloro che, tramite appunto il coming out, ne hanno appena iniziato a fare parte apertamente “rivelandosi”.
Celebrata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1988, l’idea iniziale era fondata sulla liberazione femminista e omosessuale proprio grazie a Robert Eichberg e Jean O’Leary; Eichberg, era uno psicologo del New Mexico e fondatore del laboratorio di crescita personale “The Experience”. O’Leary era una leader politica apertamente lesbica e attivista di lunga data di New York, e all’epoca era a capo dei National Gay Rights Advocates a Los Angeles. La loro idea non era quella di rispondere in modo aggressivo a tutti i comitati anti-LGBT che si erano formati in quel periodo, ma creare un qualcosa che celebrasse la gioia e la positività incoraggiando le persone
che non erano ancora out of the closet (dichiaretisi apertamente parte della comunità LGBT) a fare coming out.
La data non fu scelta a caso.
L’11 ottobre 1987 a Washington con lo slogan “Per amore e per la vita, non torniamo indietro!” migliaia e migliaia di persone, per un totale di 750.000, marciarono in quella che venne chiamata la marcia nazionale del 1987 su per i diritti delle lesbiche e dei gay per 3 principali cause che avevano scosso tutti negli anni ‘80: la pandemia di AIDS, il mancato riconoscimento della crisi dell’AIDS da parte di Ronald Reagan e la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti nella causa Bowers v. Hardwick. Marciarono così con 7 richieste fondamentali:
- Il riconoscimento giuridico delle relazioni omosessuali.
- L’abrogazione di tutte le leggi con un testo che riportava divieti simili alla legge Bowers v. Hardwick.
- Un ordine presidenziale che vieta la discriminazione da parte del governo federale.
- Passaggio del disegno di legge del Congresso sui diritti civili degli omosessuali.
- Porre fine alla discriminazione contro le persone affette da AIDS , ARC e/o sieropositività con ingenti aumenti dei finanziamenti per l’istruzione, la ricerca e la cura dei pazienti sull’AIDS.
- Libertà riproduttiva, diritto a controllare il proprio corpo e fine all’oppressione sessista.
- La fine del razzismo in America e dell’apartheid in Sud Africa.
Questa marcia portò a una maggior visibilità della comunità LGBTQIA+, alla nascita di molte associazioni pro-LGBT e associazioni di ricerca contro l’AIDS.
Un anno dopo, in commemorazione della marcia, e per continuare lo slancio entusiasto ottenuto dall’aggregazione di così tante persone per uno scopo comune, è stato istituito il primo National Coming Out Day.
Perché, allora, è così importante continuare a celebrare questa giornata?
Questa data, oltre a commemorare una data molto importante per la storia stessa della comunità LGBT, tende la mano a tutte quelle persone, molto spesso giovani, le quali hanno paura di “uscire allo scoperto”. Si è dibattuto fin ora di quanto fosse importante per la comunità LGBT il coming out, ma perché serve tutto questo coraggio, questo sostegno, per farlo?
Le persone che devono affrontare il coming out, soprattutto i più giovani, devono affrontare diverse insidie.
Una, forse la più problematica, è il confronto con i genitori. Vi sarà già capitato di sentire storie di ragazzi allontanati dalla propria famiglia dopo aver fatto coming out, storie di ragazzi persino cacciati di casa dai propri genitori. Molte persone infatti preferiscono non dire ai propri genitori che non sono eterosessuali per paura della loro reazione, o per paura di non essere compresi e accettati. Un’altra insidia è doversi relazionare con bullismo e discriminazione da parte di persone (talvolta coetanei) in vari contesti, anche a livello scolastico. Un problema più grave, sempre legato a questo tipo di discriminazione, è il fatto che anche in Italia non esistano delle vere e proprie leggi che puniscano i crimini d’odio nei confronti della comunità LGBT: in questi anni abbiamo già avuto modo di sentire di crimini d’odio che sono sfociati addirittura in violenza. Un’altra forma di omofobia più sottile e ironica è quella che ha portato un insieme di persone a creare quella che ha fatto il giro del web come la bandiera dei “super straight” (super etero in italiano), che passava un concetto trans fobico.
Infine, una delle problematiche più dibattute è come alcune persone prendano come giustificazione il fatto che l’omosessualità sia un peccato secondo la propria religione. Questo argomento ha fatto molto dibattere, poiché molte chiese e figure religiose si sono invece schierate dalla parte dell’LGBT e hanno asserito che, secondo la loro religione e secondo i testi a cui esse fa riferimento, non c’è un passaggio in cui venga effettivamente affermato qualcosa contro l’omosessualità. Questo però è un argomento molto delicato.
Oltre a tutte queste motivazioni la giornata mondiale del coming out è anche un simbolo di speranza. Attualmente nel mondo 69 paesi adottano leggi contro l’omosessualità (72 se si contano quelli che la condannano senza la presenza di vere e proprie leggi), 8 dei quali adottano la pena di morte. Infatti in Nigeria, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Yemen, Iran, Somalia e Mauritania qualunque atteggiamento non eterosessuale sarà punito con la morte, anche tramite lapidazione; e in Qatar, Tanzania, Sudan, Barbados, Malaysia e Malawi oltre che alla lapidazione, si può essere puniti mediante fustigazione. L’11 ottobre suona quindi come un bagliore di speranza per tutte le persone che vivono nascoste in questi paesi, perché si ricordino di non essere da soli e che le cose cambiano e cambieranno. Alcuni degli stati sopra citati infatti stanno facendo parlare di loro nell’ultimo periodo causa rivoluzioni, proteste e manifestazioni che si stanno svolgendo, e questa giornata in un periodo del genere è anche una spinta e un incoraggiamento a seguire le orme delle persone che scesero in strada nell’87.
In conclusione, auguro un buon 11 ottobre a tutti voi.
Martina Melotto 2CL