Il 2 giugno 1946 gli italiani furono chiamati alle urne per votare tra Monarchia e Repubblica: erano presenti due schede, una per il referendum istituzionale, l’altra per l’elezione dei membri dell’assemblea costituente. Era una domenica, per permettere ai lavoratori di recarsi ai seggi elettorali, e fu la prima volta in cui anche le donne ebbero la possibilità di esprimere la loro preferenza, se non si considerano le elezioni amministrative avvenute il 10 marzo dello stesso anno. Fu un momento di importanza storica, per tutto il paese ma soprattutto per le donne: l’emozione, seppur accompagnata dal dolore per la guerra appena terminata, era moltissima. Nonostante alcune donne fossero culturalmente preparate, la maggior parte erano casalinghe e molte non avevano con sé neppure i documenti, pertanto i mariti avevano dovuto garantire per loro; e non mancava ovviamente il sarcasmo di chi si chiedeva se le donne avrebbero votato con la propria testa o seguendo le indicazioni del padre o del marito. Nonostante ciò, molte, moltissime donne si recarono alle urne, e con un’affluenza dell’82% superarono addirittura il numero di uomini votanti; inoltre ventuno donne vennero elette nell’Assemblea Costituente. Nei giorni precedenti alle elezioni, sul Corriere della Sera venne pubblicato un articolo intitolato “Senza rossetto nella cabina elettorale”, in cui si dichiarava: “Siccome la scheda deve essere incollata e non deve avere alcun segno di riconoscimento, le donne nell’umettare con le labbra il lembo da incollare potrebbero, senza volerlo, lasciarvi un po’ di rossetto e in questo caso rendere nullo il loro voto. Dunque, il rossetto lo si porti con sé, per ravvivare le labbra fuori dal seggio”. Questo articolo rappresenta perfettamente il fatto che le donne non fossero abituate alla suddetta situazione: molte infatti avevano paura di sbagliare e che perciò il loro voto sarebbe stato considerato nullo; ad oggi queste motivazioni possono in realtà sembrare futili, dato che il segno di rossetto avrebbe permesso di identificare solamente il genere dell’elettore, non il suo schieramento politico o la sua identità. Questa situazione, come testimoniano molte interviste sull’argomento, non fu vissuto come un evento, ma come qualcosa che le donne avevano guadagnato duramente durante la Resistenza e la Guerra.
Matilde Volpi 4BC