Con il suicidio assistito una persona, uomo o donna adulta, in grado di intendere e di volere, può porre fine alla propria esistenza in modo consapevole mediante l’autosomministrazione di dosi letali di farmaci con l’assistenza di un medico (suicidio medicalmente assistito) o di un’altra figura che rende disponibili le sostanze necessarie. Questo avviene in luoghi protetti dove soggetti terzi si occupano di presenziare la persona per tutti gli aspetti correlati all’evento, come ricovero, preparazione delle sostanze, gestione tecnica e legale, post mortem. Il suicidio assistito non deve essere confuso con l’eutanasia con cui si procura intenzionalmente e nel suo interesse la morte di una persona che ne faccia esplicita richiesta. Tra queste due pratiche vi sono infatti delle differenze sottili ma fondamentali. Innanzitutto, nell’eutanasia non è necessaria la partecipazione attiva del soggetto che ne fa richiesta, mentre nel suicidio assistito sì, perché la persona malata deve assumere in modo autonomo il farmaco letale. Inoltre, la prima richiede un’azione diretta di un medico che somministra una sostanza – di solito per via endovenosa – mentre il suicidio assistito prevede che il ruolo del sanitario si limiti alla preparazione del farmaco che poi la persona assumerà per conto proprio. In entrambi i casi però le richieste dei pazienti vengono sottoposte alla valutazione di commissioni di esperti e al parere di più medici, i quali non sono i suoi curanti, e solo dopo un’accurata analisi delle condizioni cliniche, della compromissione della qualità della vita e della piena libertà decisionale, viene concessa la possibilità di accedere agli interventi. Ma, attenzione, solo nei paesi in cui ciò è permesso. Non in tutte le nazioni del mondo il suicidio assistito è una pratica legale consentita dalla legge e in molti stati, tra cui anche in Italia, questo argomento suscita molteplici discussioni in campo etico, politico e religioso. Inoltre, non esistono leggi internazionali che regolano il suicidio assistito e nei diversi stati in cui esso è tutelato dalla legge tra cui Svizzera, Lussemburgo, Belgio, Colombia, Paesi Bassi e alcuni stati degli USA ci sono diverse condizioni da rispettare per poterlo praticare.
In Italia nel 2019 una sentenza della corte costituzionale dichiarò “non punibile, a certe condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile” Questa sentenza ha permesso il 28 novembre 2023 ad una donna di 55 anni, Anna ( nome di fantasia scelto per tutelare la privacy della famiglia), affetta da una forma avanzata di sclerosi multipla a rapida progressione, di porre fine alla sua vita attraverso l’auto somministrazione volontaria di un farmaco letale consegnatole a domicilio da un medico del sistema sanitario nazionale.
Anna è la prima persona malata che ha avuto accesso al suicidio assistito tramite il Servizio Sanitario Nazionale ed è la terza persona, seguita dall’Associazione Luca Coscioni, ad accedere alla morte volontaria assistita in Italia, la quinta ad averne avuto il permesso.
Il suo caso porta nuovamente alla luce un tema fortemente dibattuto in Italia e consente a chi lotta per permettere ai malati terminali di porre fine alla loro vita di “avanzare” nella battaglia affinché il diritto di scegliere possa farsi strada rapidamente.
Anna ha voluto lasciare un messaggio a tutti noi affinché una persona affetta da una malattia incurabile e da indicibili sofferenze, possa essere aiutata ad “andarsene” con dignità nel momento in cui lo richieda.
“Ho deciso di porre fine alle mie sofferenze perché ormai intollerabili! Voglio ringraziare chi mi ha aiutata perché io oggi sono finalmente libera, sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di scegliere.”
Gaia Elisa Ferrini, 4AC