Il caso di cui andrò a parlare oggi è uno dei più cruenti e violenti esistenti.
La protagonista di questo caso è Junko Furuta, una ragazza di 16 anni nata a Misato a Saitama in Giappone il 18 Gennaio 1971.
Vive insieme ai suoi genitori ed è la figlia di mezzo: ha un fratello maggiore uno minore.
Frequenta il liceo Yashio Minami ed era una studentessa modello, la classica brava ragazza, la figlia ideale che qualsiasi genitore vorrebbe.
Era una studentessa esemplare, infatti non aveva interesse nelle normali “distrazioni” che qualunque suo coetaneo aveva.
Junko aveva altri obiettivi, come concentrarsi su se stessa o sul suo futuro; non le interessava essere giudicata o considerata una “sfigata” dai suoi compagni per non avere i loro stessi interessi.
Invece di essere giudicata e mal vista per essere “diversa”, ottenne l’effetto contrario: piaceva a molte persone e attirava la loro attenzione non solo per la sua forte personalità, ma anche per la sua bellezza.
Attirò l’attenzione di molti ragazzi e in particolare di uno, Hiroshi Miyano.
Il classico bullo di turno presente in ogni scuola, che per intimidire le persone raccontava sempre di avere connessioni con la Yakuza, la mafia giapponese, egli ne faceva un vanto e le persone avevano paura di lui.
Quando Hiroshi mostrò il suo interesse verso Junko, lei non ebbe alcun problema a rifiutarlo, dopotutto a lei non interessava nessun tipo di distrazione, e questo comprendeva pure i ragazzi.
Il ragazzo non prese molto bene il rifiuto, non era abituato a ricevere come risposta un “no”, siccome tutti per paura facevano quello che lui voleva.
La sera del 25 Novembre del 1988, dopo aver terminato il suo turno di lavoro, mentre Junko tornava a casa sulla sua bicicletta, venne spinta all’improvviso da un ragazzo che scappò via.
In quel momento Hiroshi passava di lì, e dopo aver visto la scena con la povera Junko spaventata e confusa, corse ad aiutarla e si offrì di accompagnarla.
Durante il tragitto parlarono del più e del meno e Junko si calmò, era infatti sollevata che qualcuno a lei familiare fosse lì.
Tuttavia man mano che camminano Hiroshi iniziò a guidarla verso un’altra direzione, fino ad arrivare nei pressi di un magazzino abbandonato.
Una volta arrivati lì l’atteggiamento di Hiroshi nei confronti di Junko cambiò drasticamente, iniziò ad alzare la voce e a minacciarla: se si fosse rifiutata di fare quello che lui voleva, oltre a uccidere lei, avrebbe ucciso anche la sua famiglia.
Gli autori erano quattro ragazzi adolescenti: Hiroshi Miyano (18 anni), Jō Ogura (17 anni), Shinji Minato (16 anni) e Yasushi Watanabe (17 anni).
Dopo “aver ottenuto la sua fiducia”, la violentò in un magazzino poco distante, e poi nuovamente in un hotel vicino, minacciando infine di ucciderla. Dall’hotel, Miyano chiamò Minato e gli altri suoi amici, Jō Ogura e Yasushi Watanabe, e si vantò con loro dello stupro .
Intorno alle 3:00 del mattino, Miyano portò Furuta in un parco vicino, dove stavano aspettando Minato, Ogura e Watanabe.
In quel luogo Junko riconobbe Shinju Miinato, lo stesso ragazzo che l’aveva spinta giù dalla bicicletta.
Così Junko capì che tutto era stato organizzato, una messa in scena affinché abbassasse la guardia di fronte a Hiroshi e per fargli attuare il loro orribile piano.
Purtroppo però Junko non era la prima vittima, infatti il gruppo aveva già fatto cose simili e di recente avevano rapito e violentato un’altra ragazza, sempre con la stessa tecnica, che però avevano in seguito rilasciato.
La ragazza in questione non ne aveva mai parlato, poiché in quegli anni e in particolare in Giappone, non si parlava della violenza sulle donne.
I genitori di Junko erano preoccupati.
Non era da Junko non avvertire o non dire qualcosa in caso di una lontananza da casa, perciò i genitori contattarono immediatamente la polizia.
Tuttavia i ragazzi non hanno intenzione di farsi arrestare o a rinunciare al loro nuovo “giocattolo”, perciò costringono Junko a contattare i suoi genitori e dire che tutto andava bene, si trovava con un’amica, che aveva lasciato casa di sua spontanea volontà e non voleva essere cercata, chiedendo di fermare la polizia.
I ragazzi avevano scoperto il suo indirizzo di casa grazie ad un taccuino nel suo zaino e le avevano detto che sapevano dove viveva e che i membri della Yakuza avrebbero ucciso la sua famiglia se ella avesse tentato di scappare.
I quattro ragazzi la sopraffecero, la portarono in una casa nel distretto di Ayase, ad Adachi, e la violentarono in gruppo. La casa, che era di proprietà dei genitori di Minato, divenne presto il normale ritrovo della gang.
I genitori però non si erano mai chiesti chi fosse questa ragazza, chi fossero i suoi genitori o altro.
Per non far insospettire i genitori di Minato, Furuta era costretta a comportarsi come la sua ragazza. Lasciarono perdere questa messa in scena quando divenne chiaro che i genitori di Minato non li avrebbero denunciati alla polizia. In seguito i genitori affermarono di non essere intervenuti perché avevano paura di ritorsioni, visto che il loro stesso figlio era sempre più violento nei loro confronti.
Junko non passerà in quella casa uno o due giorni, ma bensì 44 giorni senza mai uscirne.
44 giorni durante i quali Junko subisce di tutto: dalle torture fisiche a quelle psicologiche, divenendo di fatto un giocattolo sessuale per soddisfare le fantasie sadiche di giovani sbandati e dalla mente ormai ottenebrata dalla violenza. 44 giorni di agonia pura, dove il suo corpo diventa carne da macello.
Il gruppo tenne prigioniera Furuta nella residenza di Minato, dove questi la picchiarono, violentarono e torturarono ripetutamente. Essi invitarono nella casa anche altri uomini ed adolescenti incoraggiandoli a violentarla a turno.
Nel complesso, Furuta venne violentata più di 400 volte da oltre 100 uomini e adolescenti. In un’occasione, venne violentata da 12 uomini in un giorno.
Il 4 gennaio 1989, dopo aver perso una partita di Mah Jong la sera prima, Miyano decise di sfogare la sua rabbia su Furuta versandole del liquido per accendini sul corpo e dandole fuoco. Furuta tentò di spegnere le fiamme, con sempre meno forza. Continuarono a prenderla a pugni e dopo l’ennesimo pestaggio ebbe un attacco di convulsioni.
Dal momento che sanguinava copiosamente, al posto di fermarsi, i quattro ragazzi si coprirono le mani con guanti di plastica continuando a picchiarla e facendole cadere più volte dei pesi per manubri sullo stomaco. L’episodio durò due ore e Furuta, stremata per le violenze, morì.
Ciò che rende il tutto ancora più sconvolgente è il fatto che questi mostri, che non meritano nemmeno di esser considerati persone, restano tali mostri fino alla fine.
Per capire che Junko era morta ci misero 24 ore.
Solo dopo tutto questo tempo il fratello di Minato chiamò per dirgli che Furuta sembrava essere morta. Temendo di essere accusati di omicidio, il gruppo avvolse il suo corpo in coperte e la mise in una borsa da viaggio. Misero quindi il suo corpo in un fusto da 210 litri, riempiendolo poi di cemento fresco. Intorno alle 20:00 lo caricarono e alla fine lo abbandonarono a Kōtō, vicino a Tokyo.
Junko aveva già detto ai suoi genitori che stesse bene, nessuno la stava cercando e quei mostri avrebbero potuto farla franca se non fosse che una ragazza a cui avevano fatto violenza, quando dopo tutte le torture subite Junko non sembrava più attraente, aveva denunciato il gruppo.
Il 23 Gennaio 1989 dopo la morte di Junko, Hiroshi e il suo gruppo vengono arrestati per l’aggressione di quella ragazza.
Sempre in quel periodo in quella zona c’era stato un duplice omicidio su cui le polizia stava indagando: la polizia inizia infatti a pensare che i due ragazzi arrestati potessero essere i responsabili anche in questo caso, per la presenza di analogie tra il duplice omicidio e la ragazza.
Durante l’interrogatorio i poliziotti iniziano a insinuare che forse oltre a quella aggressione, avevano ucciso qualcun’altro, sempre riferendosi a quel duplice omicidio.
I due ragazzi avevano la coscienza sporca, pensavano infatti che la polizia si stesse riferendo a Junko, e perciò dopo un po’ Hiroshi cede e confessa tutto.
Le torture, gli abusi e l’uccisione di Junko.
La polizia rimase a bocca aperta perché non sapevano che Junko fosse morta, e dopo tutto venne fuori che Hiroshi e il suo gruppo alla fine non erano nemmeno i responsabili di quel duplice omicidio.
L’identità degli imputati è stata sigillata dal tribunale in quanto all’epoca del delitto erano tutti minorenni. I giornalisti della rivista Shūkan Bunshun hanno scoperto le loro identità e le hanno pubblicate sulla base del fatto che, data la gravità del crimine, gli accusati non meritavano che il loro diritto all’anonimato fosse rispettato. Tutti e quattro gli imputati si sono dichiarati colpevoli di “aver commesso lesioni personali che hanno provocato la morte”, piuttosto che di omicidio.
Nonostante le prove schiaccianti e le foto che questi ragazzini avevano scattato nel momento dei loro atti criminosi, la giustizia non ha fatto che parzialmente il suo corso: nel Luglio 1990 un tribunale di grado inferiore ha condannato Hiroshi Miyano, il capo del crimine, a 17 anni di carcere. Ha impugnato la sentenza, ma il giudice dell’Alta Corte di Tokyo Ryūji Yanase lo ha condannato ad altri tre anni di carcere. La condanna a 20 anni è la seconda più lunga condanna inflitta in Giappone prima dell’ergastolo. Aveva 18 anni al momento dell’omicidio di Furuta.
Yasushi Watanabe, originariamente condannato da tre a quattro anni di carcere, ha ricevuto una condanna avanzata da cinque a sette anni. Aveva 17 anni al momento dell’omicidio. Per il suo ruolo nel crimine, Jō Ogura ha scontato otto anni in una prigione minorile prima di essere rilasciato nell’agosto 1999.
A Miyano è stata negata la libertà condizionale nel 2004. È stato rilasciato dalla prigione nel 2009. Nel gennaio 2013, Miyano è stato nuovamente arrestato per frode. A causa di prove insufficienti, è stato rilasciato senza accusa nello stesso mese. Nobuharu Minato (ora Shinji Minato), che originariamente aveva ricevuto una condanna da quattro a sei anni, è stato nuovamente condannato a cinque o nove anni dal giudice Ryūji Yanase in appello. Aveva 16 anni al momento dell’omicidio. I genitori e il fratello di Minato non sono stati accusati, nonostante avrebbero chiaramente potuto fare qualcosa per evitare tutto l’accaduto.
I genitori di Junko, distrutti dal dolore, non hanno potuto fare altro che accettare una sentenza che dire “scandalosa” è poco. Oltre al peso di sapere che circa un centinaio di persone era a conoscenza di ciò che stava subendo la loro figlia, e nessuno ha fatto nulla.
Erano rimasti chiaramente insoddisfatti per le condanne ricevute dagli assassini della figlia, e hanno vinto una causa civile contro i genitori di Minato, nella cui casa sono stati commessi i crimini. Secondo quanto riferito, la madre di Miyano ha pagato ai genitori di Junko Furuta un risarcimento di ¥50 milioni.
Un caso atroce, tanto da non sembrare reale, un caso senza precedenti.
Chiaramente quei soldi non porteranno indietro Junko Furuta, una ragazza con grandi sogni e ambizioni, con ancora una lunga vita davanti, la quale purtroppo le è stata strappata via.
Alshayeb Layan 1BC