Silenzio.
I gas iniziarono a pervadere nuovamente l’ambiente, riuscii a scorgere lo scrittore di horror lasciare la stanza con un gran numero di fogli sottobraccio. E poi persi i sensi.
Ci risvegliammo alcune ore dopo, stanchi e affamati, avevamo sempre più graffi e fori sulle braccia. Jasmine aprì gli occhi nello stesso istante in cui lo feci io: le avevano amputato un dito.
“Jasmine che diavolo ti è successo?” più che una domanda somigliava ad un’esclamazione, ma faceva lo stesso. Mi alzai e corsi da lei inciampando continuamente: non mi ero accorto che fossimo così distanti l’uno dall’altra, onestamente. Probabilmente neanche lo eravamo così tanto…
“Io non… non ricordo” mentì.
La conoscevo, non era mai stata una brava bugiarda.
“Non mentire a me, fammi vedere”
“È ok, davvero…”
“No Jasmine non è ok!” gridai.
La preoccupazione si era improvvisamente camuffata in rabbia e questo la spaventò, ma continuai.
“Un uomo misterioso ha fatto cadere un albero sulla tua gamba, siamo prigionieri di un pazzo che ci tiene rinchiusi in cantina e scrive storie sul nostro conto, Mike e Allison sono morti, il tuo anulare sinistro è sparito e tu mi dici che è tutto ok? Non c’è niente di ok!”
Nel mentre lei stava cercando di trattenere le lacrime, mentre io ero scoppiato in un pianto disperato. Tuttavia, non avevo ancora finito.
“Mi manca casa, mi manca mia madre, mi manca mia sorella, mi manca la vita di tutti giorni, e fa schifo pensare che quando usciremo da qui, se usciremo da qui, Mike e Allison non saranno con noi! Sai da quanti anni conoscevo Allison? Quindici anni, quindici dannatissimi anni, era la mia migliore amica e se n’è andata per sempre! E Mike! Tu non hai idea di quello che ho passato con lui! Tu non hai idea di quante notti ho trascorso a dormire al suo fianco perché sua madre aveva iniziato a fare riti satanici nella mansarda con candele, topi e altri animali destinati al sacrificio, lui era terrorizzato dal fatto che potesse essere il prossimo! E sai quanti anni avevamo? Io ero in seconda media e lui aveva appena iniziato la prima superiore!”
Adesso anche lei piangeva.
“E un anno dopo la rinchiusero in un reparto di psichiatria perché aveva quasi squartato suo figlio, il quale ha iniziato a consultare uno psicologo e non ha più smesso…” in quel momento mi calmai, avevo ricominciato a parlare con il solito tono “sento un vuoto enorme Jasm, davvero enorme, e se perdessi anche Jenny, e se perdessi me stesso… e se perdessi te…”.
Crollai a terra privo di forze, solo in quell’istante mi accorsi che era presente anche Jenny nella cantina, stesa di fianco a me: ancora priva di conoscenza.
“Mi dispiace, Kevin, non posso dire altrimenti” mi rispose “io non conoscevo Mike e Allison come li conoscevi tu e posso provare solo la metà delle emozioni che stai sentendo adesso… ma anche io tenevo a loro e mi sento malissimo. Non volevo mentirti, prima, volevo solo che non ti allarmassi… perdonami”.
Ovvio che la perdonavo, le avrei perdonato tutto. Io l’amavo.
Restammo a guardarci per qualche secondo, senza dire una parola. Era davvero piacevole, mi sentii quasi felice. Assurdo.
“Ho perso mio fratello quando aveva solo undici anni” disse a un certo punto.
Non sapevo cosa rispondere, avevo paura di intervenire nel modo sbagliato, o di ferirla.
“Cosa gli è capitato?” domandai dopo alcuni istanti di riflessione.
La vidi esitare, gli occhi erano ancora lucidi a causa della conversazione precedente. I suoi folti capelli neri erano spettinati, i vestiti squarciati e la pelle che un tempo era candida come neve era sporchissima. E nonostante tutto, era bellissima.
“È successo due anni fa, avevo l’età di Jenny. Io e il mio fratellino, Scott, passavamo molto tempo insieme visto che i nostri genitori lavoravano sempre fino a tardi”
Respirò profondamente e riprese.
“Una sera avevamo appena finito di mangiare il suo spuntino preferito, erano le 9:00 per la precisione, era molto stanco quindi decisi di metterlo subito a letto. Era estate e faceva molto caldo, perciò acconsentii a fargli tenere la finestra della sua camera aperta” iniziò a piangere “rimasi in salotto a guardare la TV, quando sentii delle urla. Corsi da lui ed eccolo lì, sdraiato sul letto, sanguinante, morto”.
“Jasmine…” borbottai poggiando la mia mano sulla sua spalla “chi ha ucciso tuo fratello?”.
Mi guardò tremante, stava rivivendo un brutto ricordo. Un orribile ricordo.
“Io… io non lo so. So soltanto che riuscii a vedere un uomo scappare dalla finestra. Non ho la più pallida idea di cosa stesse cercando o di cosa sperasse di trovare”.
La abbracciai, ma durò poco visto che finalmente Jenny aprì gli occhi.
“Ragazzi… sento dolore ovunque…” mormorò poggiandosi una mano sulla testa “un momento… Mike e Allison! Oh mio Dio… non ci posso credere… loro sono… sono…”
“Sì, Jenny, sono morti…”.
E la strana quiete dell’inizio ritornò. Grosse gocce iniziarono a solcare il viso della ragazzina e, ahimè, nulla sarebbe stato in grado di placarle.
“Ho paura…” disse Jenny.
“Anche io” rispose Jasmine.
Stavo per dare la stessa risposta, ma Cooper piombò nella stanza all’improvviso: era armato.
“Jenny, vieni con me”.
Sul serio? Voleva davvero prendere la più piccola tra noi tre? Cosa diamine voleva farle?
“Non ti azzardare a toccarla!” tentò di proteggerla Jasm.
“Jasmine seduta. Subito”.
In un brevissimo arco di tempo si era avvicinato a lei e le puntava la pistola alla fronte, poi afferrò i resti del suo dito e iniziò a stringere molto forte, il sangue iniziò a colare. Jasmine urlò.
“Voi due non provate a muovervi. Oppure vi ammazzo”
“Ci ammazzerà lo stesso” mormorai.
Detto questo andai a soccorrere Jasmine appena il signor Cooper si allontanò da lei. Zoppicavo, non ci avevo fatto caso.
“La prego non mi faccia del male!” lo pregò Jenny.
“Non sarò io a fartene”.
La prese per un braccio e la strattonò fuori dalla stanza. Non provai nemmeno a fermarlo. Avevo paura.
Tra me e Jasmine non ci fu alcun confronto, alcuna parola, alcuna conversazione. Per le ore successive si sentirono solamente urla, solo e soltanto urla, nulla di più, fino a quando la stanza non si inondò per l’ennesima volta di gas. Tutto ciò che mi circondava sparì.
“Kevin! Kevin! Svegliati, ti prego!”
Ripresi il controllo dei miei sensi, Jasmine mi stava scuotendo, poi mi incitò ad alzarmi.
“Dove siamo?” domandai.
Eravamo all’aperto, circondati da una muraglia di siepi, luogo mai visto prima.
“Non lo so” rispose.
Ci misi poco a capire cosa stava accadendo: eravamo ancora rinchiusi, ma in un labirinto.
Quando mi voltai mi accorsi di tre candele accese alle mie spalle (ciò mi consolò, Jenny era viva), davanti ad esse era posizionata una pergamena. La afferrai senza pensare, appena la srotolai cadde a terra un calamaio racchiuso al suo interno, e si ruppe. Non fu difficile leggere il contenuto di quel foglio in poco tempo. Due parole.
Capitolo finale.
Angelica Alfieri, I CS
Copertina a cura di Asia Balpasso, I BS