L’altro giorno ero fuori con le mie amiche.
Ormai non c’è più la possibilità di vederci spesso, se non il pomeriggio agli allenamenti. Quindi, raccontandoci del più e del meno, è emerso uno di quei discorsi abbastanza pericolosi da far fare a quattro ragazze una sera a fine settimana. É da un po’ che l’estate è finita e che un nuovo anno è iniziato, e confrontarmi con loro su questo mi ha fatto riflettere molto sull’anno scorso, su come l’ho vissuto, su come sia passato l’inverno, come la primavera sia arrivata e l’estate sia finita in un batter d’occhio.
Ho pensato a come spesso tiriamo le somme senza tener conto di cosa ci ha fatto vivere, cosa o chi ci ha sussurrato all’orecchio di continuare ad andare avanti e camminare. Ci dimentichiamo delle persone che hanno bussato e sono entrate; alcune di loro se ne sono andate, a volte sbattendo la porta, altre lasciandola aperta per poterci poi rientrare. E ci dimentichiamo anche, dandola per scontata, la presenza di chi era accomodato sin dall’inizio, di chi, inconsapevolmente, è sempre stato lì a guardarci cambiare, cadere, sbagliare, rialzare.
Ho riflettuto sulle mille emozioni che quest’anno mi hanno occupato i pensieri, e mi sono accorta di come crescendo queste possano cambiare insieme a me. Ho visto la luce negli occhi, nata dalla voglia di crescere, ma anche l’incredibile paura di diventare grandi. Ho percepito il crearsi di ricordi su quelle giornate che invece sembravano interminabili, tra banchi di scuola e corse per strada. Ho provato la frenesia dell’attendere un qualcosa, forse anche sino al suo sgretolarsi, come il tempo, un cuore o i respiri lasciati a metà. Ho osservato da lontano persone e luoghi cambiare, come anche alcuni rapporti, che a volte sono finiti, e altri rafforzati. Ho sentito il dolore di alcune parole e gli occhi lucidi che queste portavano. Ho letto frasi di gioia e di amore, di quelle che scaldano il petto per la loro dolcezza. È bello pensare che ognuno abbia qualcosa da dire o da urlare a squarciagola rispetto a quest’anno; è bello potersi guardare indietro e vedere quante cose si siano capovolte; è bello sfogliare le foto e avvertire come emergano le risate, il profumo, la luce, le emozioni e il calore in sottofondo.
Il fatto è che ognuno di noi vive l’inizio di questo nuovo anno in maniera talmente diversa che è difficile fare un discorso generale. Credo però, che uno solo sia il grande sbaglio che tutti prima o poi commettiamo rispetto a un qualcosa che inizia per la prima volta: guardiamo lontano cose a cui il pensiero ancora non è pronto. Rincorriamo delle mete, dei traguardi, senza concentrarci sul sistemare le cose qui, ora. Siamo atterriti dalla paranoia che non stiamo vivendo abbastanza, che non stiamo vivendo come vogliamo. Abbiamo la testa pesante e vorremmo solo appoggiarla per un attimo. Abbiamo il terrore di ritrovarci di punto in bianco da soli, e ci aggrappiamo alle poche rassicurazioni instabili che otteniamo. Abbiamo le gambe stanche per il continuo provare a rimanere a galla, tra le aspettative e gli impegni che ci dividono da quel fondale di parole mai dette.
E quindi una cosa mi auguro: che non tocchiate mai quel fondo, anche se avrete la sensazione di averlo raggiunto, vi rimanga la forza per darvi la spinta che vi faccia risalire. Perché c’è ancora tanto da fare, tanto da vedere, tanto per cui piangere e per cui emozionarsi. Ci sono ancora tante persone da conoscere e da amare, tanti viaggi da completare e tante albe da attendere. C’è un anno intero che vi aspetta, che ci aspetta, e spero possiate avere pazienza, fiducia e serenità nel viverlo come meritate davvero.
Irene Bettin, 3Be