“Non mollare mai!”. “Il destino è nelle tue mani.” “Dipende da te”. “Il meglio non è mai abbastanza.” “Come essere più produttivi”. “Come diventare una persona di successo”. “10 consigli per essere multitasking”.

Questi sono solo alcuni dei titoli di video, ricerche e hashtag che ogni giorno ci vengono mostrati dai social. Ma davvero tutto dipende da noi? La risposta è, ovviamente, no. Non tutto dipende da noi, anzi, ciò che noi possiamo controllare è solo il 20% degli effetti totali che subiamo quotidianamente. Lo diceva già Vilfredo Pareto, nella seconda metà del XIX secolo: il 20% delle nostre azioni produce l’80% dei risultati. E’ proprio questa illusione di onnipotenza che ci porta a togliere le libertà e i diritti altrui, a deformare i nostri obiettivi e la considerazione di noi stessi, mettendoci a confronto con una società che non si accontenta mai e ci chiede sempre di più. Eppure, tanto tempo fa, prima ancora della psicologia, della sociologia, di Pareto e dell’economia, un celebre personaggio persuase i suoi compagni ad andare oltre, più in là di quanto si potesse immaginare. Abbandonò tutto e tutti, perché ciò che possedeva non era abbastanza e varcò le Colonne d’Ercole, fin quasi a raggiungere la montagna del Purgatorio.

Ma il suo “folle volo” precipitò in fretta e il mare si chiuse sopra di lui e sopra i suoi frati.

Già, non fummo fatti per vivere come bruti, ma neanche per vivere secondo valori inesistenti e irraggiungibili. Ma quindi quali sono i nostri limiti? Quali sono superabili e quali impossibili?

Così ho iniziato a scoprire la bellezza della mia fragilità e il carattere delle mie imperfezioni.

Ho alzato la testa e mi sono liberata dai miei schemi mentali, rigidi e truffatori e mi sono tuffata nell’ignoto. Ho ascoltato il mio Ulisse, quella voglia di assoluto e di perfezione, ma dall’altra ho cercato di mantenere vive le mie tradizioni e le mie passioni, i miei istinti e le mie contraddizioni, scegliendo di non demolire la mia natura umana. Così, ispirata dal ritorno verso il porto di Ancona, scrissi una lettera al viaggiatore più famoso di tutti i tempi.

In questi giorni guardando l’orizzonte del mare, l’anima riprende a respirare e si spande nell’infinità delle onde. Neanche il cielo riesce ad arginare questa distesa azzurra e persino il sole fatica a illuminarla tutta. Che cos’è il limite in tutta questa bellezza?

Ulisse, io ti capisco, perché fermarsi a Itaca quando la marea stessa, raggiunta la spiaggia, si ritira e torna in mare?

La verità, Ulisse, è che il silenzio ci fa paura. La terraferma è troppo sicura per uomini indecisi come noi. Perché dover scegliere quando potremmo avere tutto?

Eppure, Ulisse, noi non abbiamo proprio nulla.

Hai rifiutato Penelope e Telemaco, la tua terra e i tuoi cari, perché amare significa restare e tu, da lì, volevi solo scappare. Ma scappare dove, Ulisse, dove volevi andare?

Senza risposte hai varcato le acque, cercandone una al di là dei tuoi occhi. Sei solo, naufrago in questo mare, perché come un pesce non puoi nuotare, come una vela non ti sai spiegare.

E il buio che tu vedesti non si chiuse sopra di te, ma dentro, perché un uomo è tale e dalla propria natura non si può scappare. Forse se ti fossi conosciuto un po’ di più avresti retto il confronto e l’altro non sarebbe stato un limite, ma lì per te.

In fondo che cos’è il limite se non uno scontro, tra ciò che può essere affrontato e ciò che deve essere rispettato?

Ulisse, tu la guerra l’hai vissuta e sai bene che accanto a chi ride c’è chi duole e stride. Ma tu hai perso te stesso ed ora comprendi l’imbroglio.

Forse una risposta l’hai trovata, non dovevi andare al largo ma scavare più a fondo e lasciarti scalfire dalle onde come uno scoglio. Perché fatti non fummo per vivere come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza. E come pensavi di farlo, Ulisse, se per paura di soffrire non ti sei mai fatto accarezzare e hai sempre preferito fuggire?

Perciò Ulisse ascoltami, io sono come te: non so cosa sia un limite, ma voglio vivere e scoprire chi è qui per me.

Rebecca Guzzetti 4BS

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