«Non c’è stata nessuna battaglia più importante nella storia del mondo». Così dice lo storico militare Hans Delbrück sulla battaglia di Poitiers, conosciuta nel mondo anglosassone con il nome di battaglia di Tours.
Molti storici ritengono che la battaglia di Poitiers sia stata combattuta nell’ottobre del 732d.C.; da una parte era schierato l’esercito arabo-berbero musulmano di al-Andalus, capitanato dal governatore Abd al-Rahman ibn Abd Allah al-Ghafiqi, dall’altra l’esercito franco guidato da Carlo Martello, maestro di palazzo del regno dei merovingi, nonno di Carlo Magno. L’esito dello scontro fu la vittoria delle truppe franche su quelle arabe, le quali persero in battaglia il loro comandante.
I saraceni non sono una popolazione nuova alla scena storica europea, furono ed influenzarono il mondo classico, vissero anche sotto il dominio dell’Impero Romano. Riunificati da Maometto, si lanciarono alla conquista del mondo, invadendo la Persia, l’Egitto, la Siria, il Nord Africa, la Spagna, arrivando ai Balcani e a Costantinopoli, scontrandosi pure coi cinesi in Asia Centrale.
Abd al-Rahman diviene Wali di al–Andalus (governatore della Spagna) intorno al 725d.C. e diede il via a grandi cavalcate al di là dei Pirenei, non per invadere i territori della Gallia, ma per razziarli.
I franchi erano un popolo germanico formatosi nel periodo delle invasioni barbariche, nella loro lingua il loro nome significa “liberi e coraggiosi”. Combatterono i romani sul confine del Reno, ma, intorno al IV secolo, in accordo con l’Imperatore, ripopolarono pacificamente la Gallia del Nord. Dopo la deposizione di Romolo Augustolo presero il potere in Gallia e si convertirono al cristianesimo.
Nonostante De André lo chiamava “Re Carlo”, Carlo Martello fu un Maior Domus –Maestro di palazzo-, dunque muoveva guerra e comandava il Regno, in quanto i re dei franchi, fino ad allora, furono delle figure sacerdotali.
Nel 732 Abd al-Rahman lanciò una nuova campagna, arrivando fino in Gallia Centrale, una regione piena di grandi monasteri, obiettivi prediletti, in quanto colmi di tesori; vi si pregavano i Santi, simbolo del politeismo cristiano agli occhi degli arabi. Il Wali arrivò a Poitiers, poi si diresse verso Tours, dove è presente il più importante monastero della Gallia, il Monastero di San Martino di Tours. A circa metà strada i saraceni incontrano i franchi.
Le fonti franche non ci dicono molto della battaglia, quelle arabe si limitano a riportare sinteticamente i fatti, chiamando l’episodio “La strada dei martiri”. L’unico autore che scrisse qualcosa in più fu un misterioso cronista cristiano spagnolo. Egli racconta di una marea di soldati arabi che invasero la Gallia che si diressero verso la basilica di Tours, incontrando sulla strada «il capo dei franchi, Carlo, esperto di guerra». Il cronista narra come dall’incontro dei due eserciti passarono 7 giorni prima che Abd al-Rahman decidesse di attaccare, ma «le genti del Nord rimanendo immobili come un muro […], con le spade uccidono gli arabi che li vengono sotto». Scesa la notte, ucciso il comandante saraceno, i soldati andarono a dormire; il mattino seguente gli «Europei» avanzarono verso l’immenso accampamento nemico, trovandolo deserto: gli arabi si erano ritirati. Questa è la prima volta che, in un testo medievale, è stata usata la parola latina “Europenses” per indicare gli abitanti dell’Europa. Questa testimonianza evidenzia come la battaglia di Poitiers abbia giocato un ruolo fondamentale nel far riconoscere l’Europa come parte del mondo più cara a Dio.
Al tempo la battaglia di Poitiers non venne mai vista con l’entusiasmo e la leggenda con cui viene vista oggi, questo perché il concetto di battaglia decisiva non esisteva. L’idea della battaglia decisiva è un concetto moderno, definito per la prima volta dall’inglese Edward Shepherd Creasy.
La grande narrazione della battaglia di Poitiers nacque nel periodo della controriforma. Iniziando dalla Francia del Re Sole, candidata a paese egemone nel vecchio continente; uno storico seicentesco definisce i Franchi «liberatori del genere umano». Voltaire disse che «senza Carlo Martello la Francia era una provincia “maomettana”»; l’inglese Gibbon affermò «se non li avessero fermati lì, sarebbero arrivati in Polonia e in Scozia: il Reno è più facile da attraversare del Nilo, del Tigri o dell’Eufrate, la flotta araba sarebbe potuta arrivare senza fatica nell’estuario del Tamigi. Forse oggi, senza la battaglia di Tours, l’interpretazione del Corano sarebbe insegnata nelle scuole di Oxford».
Nell’800’ il mito della battaglia di Poitiers si fece ancora più grande, anche in Germania, dove Schlegel scrisse: «il braccio di Carlo Martello ha salvato e liberato le nazioni cristiane dell’Occidente, dall’abbraccio mortale dell’Islam». Lo storico inglese Creasy inserì la battaglia nel suo libro “Le quindici decisive battaglie del mondo, da Maratona a Waterloo”. Anche il grande storico tedesco Rancke si espresse a favore della tesi di Creasy, sottolineando che «quel pericolo per la cristianità, fu fermato da un giovane principe di razza germanica».
Erano invece poche le persone che riconobbero in un’invasione araba, un ipotetico riscontro positivo per l’Europa. Tra i sostenitori di questa tesi spicca un personaggio alquanto famoso, il quale si fa facilmente riconoscere dal particolare commento che ci lasciò: «Se Carlo Martello fosse stato battuto il volto del mondo sarebbe stato cambiato, visto che il mondo era già votato all’influenza giudaica […], sarebbe stato molto meglio se il maomettismo avesse trionfato: questa religione ricompensa l’eroismo […]. Animati da questo spirito i germani avrebbero conquistato il mondo […]». Questo fu il discorso a tavola di Adolf Hitler, datato 28 agosto 1942.
Agli inizi del 900’ gli storici iniziarono a studiare la battaglia di Poitiers con spirito critico, e riconobbero come fu tutto fuorché decisiva; lo storico Henri Pirenne, nel libro “Maometto e Carlomagno”, scrisse come la vittoria ottenuta da Carlo Martello non fu poi così importante. Yuval Noah Harari, storico e professore universitario, ricorda la Battaglia di Tours come «niente più che una schermaglia esagerata». Gli storici sono quindi concordi nell’affermare che, in caso Carlo fosse stato sconfitto, il risultato peggiore sarebbe stato un saccheggio più ampio.
Gli eventi di Poitiers hanno comunque fortemente influenzato la nostra cultura così tanto che persino oggi ne costituiscono una parte. Uno dei discorsi più famosi che si rifanno allo scontro fu pronunciato dal deputato repubblicano della Florida, Allen West; egli affermò che l’islam «è un pericolo […] Non è una religione ma un sistema violento […] Volete riesumare Carlo Martello e chiedergli perché ha combattuto l’esercito musulmano alla battaglia di Tours?».
Un’altra citazione degna di nota è il commento di Oriana Fallaci, nel libro “La forza della ragione”: «Se nel 732 se Carlo Martello non avesse vinto la battaglia di Poitiers-Tours, oggi anche i francesi ballerebbero il Flamenco».
La battaglia di Poitiers rimane dunque una delle battaglie più importanti per la cultura occidentale, proprio grazie alla grande narrazione mitica che se ne fece per secoli. La decisività dello scontro non sta dunque nelle sue conseguenze immediate e materiali, ma piuttosto nell’influenza che ha esercitato sul nostro retaggio culturale. La grande narrazione dell’evento ha quindi creato l’idea di possenti europei che, rimanendo uniti come a formare un muro, evitano la conquista musulmana; immagine dalla quale non ci discosteremo probabilmente mai. Sarà anche stata poco più di scaramuccia, ma la battaglia di Poitiers è riuscita a divenire una delle colonne portanti sulla quale si basa la nostra cultura cristiana e occidentale.
Andrea Di Gioia 4DL