È recente la notizia della pronuncia della Corte Costituzionale in materia di ammissibilità delle otto proposte referendarie dettagliatamente analizzate dalla Consulta, presieduta dall’ex premier Giuliano Amato dallo scorso 29 gennaio.
Facente parte delle fonti primarie, il Referendum Abrogativo rappresenta l’unica tipologia di questo strumento di democrazia diretta considerata fonte di diritto e l’art. 75 della Costituzione ne fornisce una completa disciplina.
Affinché venga indetto è necessaria la raccolta di almeno 500mila firme o, in alternativa, la richiesta formale di 5 o più consigli regionali e porterà all’abrogazione parziale o totale di una Legge o di un Atto del Potere Esecutivo.
La proposta, conforme ai precedenti requisiti, è da depositare alla Cancelleria dell’Ufficio Centrale presso la Corte Suprema di Cassazione entro il 30 settembre di ciascun anno, e comunque non in quello precedente alla scadenza delle Camere (si pensi al 2022) e nei sei mesi successivi alla loro rielezione.
Questo, accertata la conformità a norme vigenti, si occupa di verificare che la prescrizione per cui è richiesta l’abrogazione sia ancora effettivamente in atto, e dunque non soppressa da altre disposizioni. Inoltre è in suo potere, in ossequio alla sentenza 68/1978 della Corte Costituzionale scongiurare, che il Parlamento, agendo in frode alla Costituzione, modifichi o sostituisca la norma in questione onde evitare le operazioni referendarie, disponendo così la consulta popolare sulla nuova legge.
Esso stila per di più la definizione del quesito, ovvero una sintetica formulazione dell’oggetto della consultazione, ai sensi della Legge 173/1995; segue poi l’approvazione definitiva della Consulta della Corte Costituzionale attraverso un giudizio di ammissibilità.
In forza del summenzionato art.75 Cost. “hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati”, i quali recandosi alle urne saranno invitati ad esprimere un loro consenso o dissenso circa la proposta abrogativa.
Dopo la chiusura dei seggi occorrerà verificare il quorum, definito al comma 4 del precedente articolo, concernente un’affluenza superiore alla metà degli aventi diritto di voto, dopodiché si potrà procedere allo spoglio delle schede.
Qualora si ottenga la maggioranza dei voti validi, il Capo dello Stato provvede, attraverso un proprio decreto, all’abrogazione parziale o totale del provvedimento posto in essere, potendo rinviarne l’efficacia fino a 60 giorni onde evitare un vuoto legislativo, lasciando così la possibilità alle Camere di rendere nuovamente disciplinata la materia della suddetta disposizione.
Diversamente, se i voti risultassero prettamente contrari, la stessa proposta non potrà essere ripresentata per i successivi cinque anni.
Per i referendum ritenuti idonei la consultazione popolare sarà indetta con Decreto del Presidente della Repubblica una volta deliberata la data specifica da parte del Consiglio dei Ministri e comunque una domenica compresa tra il 15 aprile ed il 15 giugno.
Innumerevoli sono state le reazioni dei promotori delle richieste e non solo una volta giunte le dichiarazioni del Presidente della Consulta stessa, Giuliano Amato, circa la costituzionalità di quanto presentato al giudizio della Corte, in particolare per quanto concerne la non ammissibilità delle richieste di depenalizzare eutanasia e di coltivazione ed uso di Cannabis sul territorio nazionale.
Forti sono apparse le dichiarazioni del radicale Marco Cappato, il quale si è rivelato pronto a perseguire il raggiungimento di tali obiettivi incitando alla disobbedienza civile, nonché appellandosi al sostegno di oltre 1 milione e 200mila firmatari delle proposte referendarie.
Lo stesso attivista dell’Associazione Luca Coscioni, a seguito della bocciatura circa la Cannabis legale, non ha esitato a scagliarsi contro il Presidente Amato, accusandolo di “aver affermato il falso” e la Corte Costituzionale, definendola “non in grado di connettere correttamente i commi della legge sulle droghe”, “un errore materiale che – a parere di Cappato – cancella il Referendum”. Ha poi aggiunto che “i giudizi della Corte puntano a minare la reputazione e la credibilità dei comitati promotori ai quali è stata attribuita un’incapacità tecnica di scrivere i quesiti”.
Per quanto concerne l’inammissibilità della depenalizzazione dell’eutanasia, invece, egli sostiene che non si tratti d’altro che di una decisione puramente politica, affermando come “la difesa delle persone deboli o fragili non possa consistere nell’imporre una sofferenza contro la loro volontà”.
D’altra parte il Presidente Giuliano Amato ha ribattuto dichiarando che la Corte si sia indubbiamente basata su princìpi sanciti a livello costituzionale e definendosi “assai meno politico di Cappato”, per proseguire poi dicendosi “ferito dal sentire che chi ha deciso non sappia cosa significhi la sofferenza. Ma è la parola eutanasia che ha portato a tutto questo. Il referendum era sull’omicidio del consenziente e dunque avrebbe aperto molteplici scenari, senza garantire la tutela minima della vita ricavabile dal nostro Ordinamento”.
Christian Monti, 1^Be